La Grande Roma dei Tarquini

La Dinastia segreta - La vera storia del superbo

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QUARTA DI COPERTINA

Copertina libro: La Grande Roma dei Tarquini - Emma Pomilio | Mondadori Tarquinia, sei secoli prima di Cristo. Lucumone, giovane e ambizioso mercante etrusco, si invaghisce della nobile Tanaquil, indovina e abile interprete dei segni degli dèi. Contro ogni previsione, riesce a sposarla e i due decidono di tentar miglior fortuna in una città vicina in forte e inarrestabile espansione, Roma. Qui Lucumone, divenuto Lucio Tarquinio, diventa presto l’indispensabile consigliere del re Anco Marcio, pronto a prenderne il posto.
Dalla sua discendenza nascerà anche l’ultimo sovrano di Roma: quel Tarquinio passato alla storia come “il Superbo” che fece costruire i più grandiosi monumenti e soprattutto fece uscire l’Urbe dalla dimensione di città-Stato, avviandola verso l’egemonia mediterranea e il suo destino di Città Eterna.

Questo volume contiene il romanzo La dinastia segreta, pubblicato nel 2019, incentrato sulle figure di Lucio Tarquinio e di Servio Tullio, e l’inedito La vera storia del Superbo, che racconta le vicende del settimo re di Roma facendo chiarezza sulla leggenda nera che gli è stata costruita attorno nei secoli.

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Lucumone guardò il re riflettere, sempre più convinto che fosse un uomo pericoloso. Ormai credeva fermamente che Anco Marcio avesse bruciato vivo il suo predecessore con la moglie e i figlioletti… ma non solo per brama di potere. Soprattutto per amore di Roma. Quella città trovava uomini che l’amavano più di se stessi e per lei avrebbero commesso qualunque delitto.

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Per approfondire

Alcune mie brevi considerazioni sul romanzo.

La dinastia segreta e La vera storia del superbo dovevano essere due libri distinti, ma sono stati riuniti per scelta della casa editrice Mondadori. All’inizio non ero contenta. Ma, col senno di poi, ho capito che loro avevano visto molto più lungo di me, poiché oggi un periodo glorioso, importante, della città eterna, quello definito La grande Roma dei Tarquini, ha un suo romanzo unitario. Una Roma importante e battagliera 500 anni prima di Cesare. Ma La grande Roma dei Tarquini non è nota ai più, e io mi pregio di averla descritta in un romanzo, che racconta le varie fasi del dominio dei re etruschi e cerca di spiegare il perché della loro grandezza. Quello della Roma arcaica non è un periodo facile da capire, ma oggi riunirlo in un solo libro corredato da note ha un senso, poiché è l’archeologia a confermare in buona parte il racconto degli storici fino a non molto tempo fa ritenuto del tutto leggendario.
Quella che ho scritto è una grande saga, poiché la storia dei Tarquini è la storia di Roma per più di un secolo. Una storia nera in realtà, che fa concorrenza ai Tudor. Una storia nera di fratelli che uccidono i fratelli, e questo è sempre esistito nelle famiglie al potere, ma qui è tutto nero: c’è l’ombra dell’incesto e l’episodio della figlia che passa con le ruote sul volto del padre, cosa di una gravità assoluta per i Romani. Il volto era la parte più sacra del corpo, nelle grandi famiglie si usava fare maschere del volto del defunto: deturpare il volto del padre è stato un crimine verso la sua discendenza, un delitto nel delitto. Quella dei re etruschi che hanno fatto grande Roma è una storia nera che adombra grandi rivalità per un grande potere. Il potere su Roma predestinata a un avvenire glorioso grazie alla sua posizione invidiabile di snodo viario. Spesso nei miei libri ho detto che gli Etruschi, i Greci, i Fenici e i popoli italici dell’interno osservavano Roma come porta del Meridione e strategico crocevia di genti e merci di ogni provenienza. Come dice Cicerone la grandezza di Roma deriva dalla sua posizione. Oltre a questo i re etruschi l’hanno resa grande per popolazione, commerci, conquiste territoriali, fondazione di colonie e prestigio internazionale. Ma infine sono stati i popoli, o meglio gli aristocratici, che l’avevano fondata, a riconquistarla e a farla grande come repubblica, pur dopo un lungo periodo di regressione. Ma il segno dei Tarquini, il segno etrusco e greco è rimasto. Un seme che ha germogliato e ha reso consapevoli i Romani della loro forza e posizione geografica perché i Tarquini e soprattutto l’ultimo re, il tiranno esecrato, il Superbo, hanno lasciato agli aristocratici romani una città potente fornita di grandi servizi e di un tempio colossale.
Mi sono innamorata di questi personaggi scrivendo. Si tratta di assassini: permeati di cultura orientale sono convinti che a loro sia permesso tutto, e convinti di agire per un fine grande. La storia dimostra il loro amore per Roma, questi sono i personaggi che hanno pensato e costruito La grande Roma dei Tarquini.
Chi ha definito la Roma dell’epoca narrata come La grande Roma dei Tarquini, il filologo classico Giorgio Pasquali, ha sintetizzato in modo geniale questo periodo, poiché la storia di questo periodo è la storia dei Tarquini. Il dominio dei Tarquini ha rappresentato a Roma una fase nuova, quella dell’apertura massima ai commerci e alla multiculturalità.
Ci fu un notevole sviluppo economico, dell’edilizia e dell’artigianato, diffusione della ricchezza, espansione dei limiti della città, grande sviluppi militari, politici, e dei rapporti culturali, commerciali e artistici con il mondo greco ed etrusco, espansione del dominio di Roma nel Lazio. Opere attribuite ai Tarquini sono il grandioso tempio di Giove Capitolino, la Cloaca Massima, il Circo Massimo, il santuario federale tempio di Diana sull’Aventino, i templi di Fortuna e Mater Matuta nel Foro Boario. Roma ha sempre lottato, ma è con i Tarquini che si afferma, può tenere testa ai potenti Etruschi e Greci, e si prepara ai trattati con Cartagine.

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Parte prima

LA DINASTIA SEGRETA

Il personaggio di spicco di questo libro è Servio Tullio, una figura enigmatica, un tiranno buono molto amato dal popolo e sempre elogiato dagli storici romani, ma dietro questo grande personaggio si celano segreti sanguinosi. Non è stata una cosa tanto pulita la conquista del trono di Roma da parte di Servio Tullio. Il romanzo narra la formazione dei poteri personali a Roma, con i Tarquini, mediante l’uso delle ricchezze private, l’intervento di mercenari, l’appoggio dei nuovi ceti mercantili e del popolo. E’ ambientato nell’epoca monarchica di Roma, intorno al 600 a.C. Un’epoca di cui conosciamo poco, perché chi ha scritto la storia di Roma lo ha fatto molti secoli dopo, quindi non ci sono certezze, eppure confrontando l’opera degli storici e le scoperte archeologiche si giunge a intravedere alcuni fatti concreti. Questo è un periodo molto affascinante.

Il periodo etrusco a Roma si apre con Tarquinio Prisco. Lucio Tarquinio Prisco, secondo la tradizione figlio di un ricchissimo aristocratico greco fuggito da Corinto e di una Etrusca, si sarebbe accattivato la fiducia del quarto re di Roma Anco Marcio e del senato, tanto da essere scelto come successore del re alla sua morte. Tarquinio rappresenta un elemento di novità, fa molte riforme e ne vorrebbe fare di radicali, ma l’aristocrazia lo blocca. Tarquinio non riesce a traghettare Roma nei tempi nuovi, per fare questo ci vuole una figura diversa, un uomo forte in grado di contrapporsi all’aristocrazia: Tarquinio lo trova in un giovane servo a lui devoto, Servio Tullio.

Servio Tullio è una figura molto discussa: è certamente uno dei grandi protagonisti della storia romana, il rifondatore, il nuovo Romolo. E’ un servo che diventa re, e con le riforme, contrastando i privilegi dei patrizi, avvia Roma a diventare una grande potenza nel Mediterraneo.
La figura tradizionale di Servio deriva principalmente da Livio, Dionigi di Alicarnasso e Cicerone. Secondo la storiografia ufficiale Servio Tullio era figlio di una schiava che viveva nella casa del re Tarquinio Prisco. Tarquinio e sua moglie Tanaquil, la regina, ne videro le grandi qualità e lo fecero educare, lo tennero come un figlio, tanto che il re ne fece il suo capo della cavalleria e gli diede in moglie la figlia Tarquinia. Questo fu un chiaro segnale per gli aristocratici: pensarono che Tarquinio Prisco stesse designando come re Servio Tullio. Per evitarlo gli aristocratici fecero assassinare il suo protettore Tarquinio. Avevano paura che Servio il servo demolisse i loro privilegi. Ma Tanaquil riuscì a farlo diventare re con un colpo di mano che gli aristocratici non avevano previsto: nascose la morte del re Tarquinio, annunciò che il re era solo ferito e ordinava che durante la sua convalescenza fosse Servio Tullio a detenere il potere al suo posto. Poi, quando il potere fu saldamente nelle mani di Servio, la regina annunciò la morte del re.
Quindi nella versione romana tradizionale Servio è un tiranno, poiché non è stato eletto regolarmente; ma Servio si appoggiò al popolo, che lo sostenne sempre, fu poi molto amato dai Romani e considerato per la sua moderazione un re giusto.
Ma c’è un’altra versione della vita di Servio Tullio e delle sue origini. Secoli dopo Servio Tullio viene menzionato dall’imperatore etruscologo Claudio in un suo discorso in senato conservato nelle tavole di bronzo di Lione, in cui dice che Servio era un mercenario conosciuto come Mastarna e fedele compagno del condottiero di Vulci Celio Vibenna, giunto a Roma con quanto rimaneva del suo esercito e stabilitosi sul Celio. Mastarna avrebbe poi cambiato il suo nome in Servio Tullio e sarebbe diventato re con sommo beneficio per Roma.
A sostegno di Claudio ci sono il racconto di Verrio Flacco e le parole di Tacito, e cosa più importante, che illumina la storia di Roma di questo periodo, gli affreschi della Tomba François di Vulci, che rappresentano questi avvenimenti.
Nella seconda metà del secolo IV a.C. la tomba di una famiglia aristocratica di Vulci, i Saties, ricevette una decorazione con affreschi di soggetto storico e mitologico di profondo significato politico. Riguardano i rapporti con Roma e ricordano un episodio in cui Vulci ha battuto Roma. Vi sono raffigurati l’uno di fronte all’altro due avvenimenti, uno è il sacrificio dei prigionieri troiani da parte di Achille (sappiamo che il troiano Enea era considerato il capostipite della dinastia di Alba da cui discendeva Romolo), l’altro è una battaglia tra Vulcenti e Romani, rappresentata per mezzo di duelli vinti dai Vulcenti. Vi si riconosce Servio Tullio, con il suo nome etrusco Macstrna, mentre un suo alleato è pronto a sgozzare Cneve Tarchunies Rumach, il Romano Gneo Tarquinio. Ci sono Celio e Aulo Vibenna, i capi mercenari che erano venuti a Roma chiamati dal re Tarquinio Prisco. Il significato è apologetico e antiromano, e la presenza di un Tarquinio ci permette di datare l’evento all’interno del regno di Tarquinio Prisco.
La storiografia ufficiale romana racconta con dovizia di particolari che Servio visse la sua infanzia e giovinezza a Roma e nemmeno nomina Mastarna. La parte etrusca dice che era un mercenario etrusco, il fedelissimo sodale (macstrna) di Celio Vibenna.
Su questo si basano le avventure del romanzo, sulle gesta di Servio con la sua doppia identità.

Gli affreschi che raccontano questi fatti fondamentali della storia dei Tarquini sono stati staccati dalla tomba in cui erano a Vulci e poi portati presso i Torlonia. Adesso si trovano a Villa Albani. Nel1857 il principe Alessandro Torlonia finanziò una campagna di scavi nella tenuta della Badia di Vulci e l’incarico venne affidato ad Alessandro François, funzionario del granducato di Toscana e archeologo. Il Francois aveva condotto numerosi scavi riportando alla luce molti reperti tra cui il celeberrimo vaso a figure nere venuto alla luce nel 1844 presso Chiusi. L’obiettivo di questa campagna era trovare l’ingresso del grande tumulo della Cuccumella. Il caso volle che all’inizio della campagna di scavo tutta la tenuta fosse coltivata a grano, così per salvare il raccolto gli scavi furono rinviati alla fine della stagione. Allora il Francois spostò le sue ricerche nella località Ponte Rotto e fu in quella zona che scoprì il celebre ipogeo. Dalle parole dell’archeologo possiamo immaginare cosa si trovò davanti. Lui racconta che la vista della magnificenza della grande tomba inviolata da più di duemila anni fu incredibile.

Molti interpretano l’avvento di Tarquinio Prisco come un dominio etrusco su Roma, ma sembra piuttosto il dominio di una potente e ricchissima famiglia etrusca proveniente da Tarquinia, non di Tarquinia su Roma. Questo è il periodo del predominio delle grandi gentes, che potevano fare guerra da sole a una città, come a Roma i Fabi. Queste gentes potevano schierare un gran numero di armati loro clienti, e potevano ingaggiare mercenari. Circa un secolo dopo giungerà a Roma Appio Claudio con la sua gens: si dice con cinquemila persone. Era un Sabino, fu accolto tra gli aristocratici e divenne potentissimo a Roma. I Claudi sono diventati una delle famiglie più importanti di Roma.

Nell’epoca del romanzo nell’area centrale tirrenica dell’Italia si scontravano non solo eserciti di città nemiche, ma anche bande di mercenari, che sostenevano gli eserciti cittadini, ma potevano essere impiegate anche quando il conflitto scoppiava dentro una città e le forze regolari dovevano essere super partes. I condottieri di queste bande spesso erano specialisti della falange e potevano essere ingaggiati dalle diverse fazioni di una città in lotta tra loro. Fu proprio così che all’epoca del romanzo sul suolo di Roma si scontrarono bande di mercenari.

Mi è sempre stato detto che so creare personaggi femminili interessanti e credo di averlo fatto anche in questo mio ultimo romanzo.
Tanaquil è un personaggio molto importante nel racconto degli storici antichi e per quanto riguarda i Tarquini è la chiave di volta. Lei convince il marito a trasferirsi a Roma da Tarquinia, lei predice che sarà re. E’ una creatrice di re. Non si sono tramandati i nomi delle regine precedenti, e questo dimostra la sua importanza. Io ne ho fatto un personaggio audace, a cui piace il pericolo, che segue le sue inclinazioni, eppure sa sacrificarsi, quando diventa regina, al bene di Roma.

I protagonisti principali del romanzo sono quelli tramandati dagli storici. Non siamo certi che la tradizione giunta fino a noi ci abbia detto tutto di loro, o abbia mistificato qualcosa, o abbia attribuito a un personaggio cose che ha fatto un altro. Da parte mia, col grande aiuto che ci offre oggi l’archeologia, ho cercato soprattutto di ricostruire, insieme ad alcuni eventi principali, l’ambiente, la società, il modo di vivere, il modo di combattere dell’epoca. Spero di esserci riuscita e di averlo fatto in modo che la lettura risulti agevole e piacevole. Chi vuole approfondire può farlo leggendo Livio, Dionigi d’Alicarnasso e Cicerone, prendendo visione delle testimonianze archeologiche e delle interpretazioni degli storici e archeologi odierni.

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Seconda parte

LA VERA STORIA DEL SUPERBO

Una leggenda nera.

Perché una saga sui Tarquini. In effetti scrivere di Cesare o di Scipione o di Nerone paga sempre, poiché i lettori sono portati a interessarsi ai personaggi più famosi, ma io non ho mai ammiccato al lettore. Col tempo i Tarquini mi hanno affascinato, e, scritto il primo libro con Servio-Mastarna personaggio principale, ho voluto affrontare il secondo, anche se l’argomento si prospettava molto ostico, in quanto la figura solo negativa del Superbo presenta molte incongruenze. Gli storici, legati all’aristocrazia, hanno fatto del tutto per denigrarlo, infatti la storia del Superbo, oggi in revisione, viene definita da qualcuno una leggenda nera. Sono riuscita a comprendere questo grande personaggio solo quando, a libro iniziato, mentre stavo decidendo di abbandonare, ho affrontato in maniera approfondita il problema del reclutamento, che mi ha in parte chiarito quale fosse la ragione del suo successo militare, ma anche il motivo principale per cui la storia lo ha presentato in modo tanto negativo.
Nel VI secolo gli Etruschi sconfissero molte volte i Romani grazie alla falange oplitica, che derivava dai Greci. Poiché l’esercito rispecchiava la società, per mettere Roma in grado di difendersi Servio Tullio diede vita a una riforma militare e sociale. Riformò le tribù, divise la popolazione in classi secondo il censo, e impose la tassazione secondo la ricchezza. Il reclutamento si faceva per classi. L’armamento rifletteva la ricchezza: i più ricchi, con armamento oplitico, facevano parte della prima classe, pagavano più tasse, erano in prima linea garantendo una lunga durata della battaglia, ma alla fine si aggiudicavano la maggior parte del bottino, tra cui terre e schiavi.
Tarquinio ha abolito il delicato e complesso sistema creato da Servio. Ha depauperato i diritti delle classi abbienti ed è tornato alla tassazione uguale per tutti; eliminando gli aristocratici armati alla oplitica dalla legione, per sostituirli ha costituito manipoli misti di Romani e Latini. Coinvolgendo strettamente i Latini ha mostrato di essere uscito dai confini mentali della città stato. Per fare questo ha messo da parte gli aristocratici più illustri. Ha tolto il privilegio ai ricchi di essere determinanti in battaglia e di accaparrarsi bottino e terre, ha invece distribuito grandi bottini ai militi arruolati tra il popolo di Roma e i Latini. Si appoggiava al popolo come ogni tiranno: non è giunto a compromessi con l’aristocrazia che di lui ha fatto la quintessenza del male.
Il romanzo narra la lunga lotta sanguinosa tra il potente re a capo della lega latina e gli aristocratici, con abili intrighi e mosse diplomatiche da ambedue le parti, l'intervento del re Porsenna e duri scontri armati.

Il Superbo è stato un re molto potente che ha reso splendida Roma. La leggenda nera si può comprendere solo chiedendosi: Cui prodest?
Gli aristocratici insieme a un ramo meno potente dei Tarquini stessi hanno abbattuto il Superbo con una congiura, ma volevano legittimarsi e volevano che si tornasse a una Roma governata da magistrati eletti, con elezioni da loro guidate, infatti prima dei Tarquini erano stati loro a scegliere i re. La congiura doveva avere una somma giustificazione, a beneficio del popolo, che col Superbo aveva prosperato e si ribellava alla sua cacciata: la giustificazione era la sua negatività assoluta. Crudeltà, empietà, scarsa capacità augurale. Dunque un re inadatto a rappresentare la città.
Gli aristocratici nel ripristinare il reclutamento e il sistema fiscale di Servio, che a loro conveniva, hanno fatto di Servio il re giusto per antonomasia. Ma non hanno disprezzato quanto aveva realizzato il Superbo per abbellire e rendere salubre la città. Non dimentichiamo la grande cloaca e il tempio progettato e costruito da chi vedeva in grande: per dedicarlo gli aristocratici si sono scannati.
Il potere rimase a un’oligarchia che non cambierà molto di quanto deciso al momento della fondazione della repubblica, poiché era la cosa più conveniente per i padri. Tarquinio è servito a giustificare l’odium regni introdotto dagli aristocratici per restare al potere. L’odium regni non era un sentimento popolare, ma venne fatto passare per tale.
Le rivolte della plebe e il gran numero di sostenitori dei Tarquini, ma anche l’ostilità per il nuovo governo da parte dei Latini, ci dicono quanto a Roma e in gran parte del Lazio fosse rimpianto il Superbo, anche se non era mai stato tenero con gli oppositori e la fama di sanguinario non è certo inventata, perché dobbiamo presumere che la sua leggenda nera sia nata quando erano ancora in vita quelli che lo avevano conosciuto.
Il racconto della storia competeva agli aristocratici, nelle cui mani erano gli archivi, ma gli storici, certo molto più tardi, che oggi possiamo consultare, Livio, Dionigi e Plutarco, lasciano intravedere quale fosse in realtà il sentimento popolare. D’altronde la figura del tiranno aveva fatto il suo tempo in Occidente, e Roma dopo il Superbo, passati lunghi anni di regressione, è diventata potentissima: l’oligarchia al comando è stata una buona classe dirigente.

Porsenna ha conquistato Roma? In un momento di debolezza di Roma, di transizione, quando Roma aveva cacciato i potenti Tarquini, Porsenna è giunto con un grande esercito, ha invaso l’agro e ha assediato Roma bloccando i rifornimenti, ma non ne ha esautorato il governo e non sembra che sia entrato in città. Gli bastava l’agro, che con lo snodo viario controllato da Roma era importantissimo, era la fonte del potere di Roma. Porsenna aveva bisogno di una base vicina all’etrusca Veio. Il suo scopo era la conquista del Lazio e forse anche della Campania con la città di Cuma. Non sembra che Porsenna sia giunto a Roma per ripristinare il governo del Superbo, potentissimo e legato ai Latini, sembra piuttosto che abbia gradito farsi amici gli aristocratici, meno potenti del Superbo. Ma dopo la sconfitta di suo figlio Arrunte, ucciso da Aristodemo di Cuma, la potenza sua e delle città etrusche si è andata sfaldando. Questi fatti rientrano in un generale ridimensionamento del potere degli Etruschi nella penisola e sul mare, che era già in atto alla discesa di Porsenna.

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Una recensione di Corinna Pieri

Storia e leggenda si fondono in questo bel lavoro di Emma Pomilio che riesce a tracciare, attraverso la puntuale conoscenza delle non molte fonti disponibili , una fase storica complessa della Roma del 600 a.C. , non del tutto chiarita, anche in quanto condita di miti, ma fondamentale perché determinò l’ascesa di quella città, che da quel momento divenne inarrestabile. Con la maestria della storica rigorosa unita alla potenza narrativa, Pomilio riesce a trascinare il lettore in un vortice di vicende e personaggi che, da appassionata cultrice di quelle civiltà che a Roma si incontrarono, trovo assolutamente realistici. Una lettura che, aldilà dell’indiscusso valore storico, utile anche per gli studenti di ogni età, ci presenta la genesi della cultura romana, proprio nel suo nascere, dimostrando quanta propulsione al progresso, quanta vitalità e quanta forza possa scaturire dall’incontro col diverso, con lo straniero, col portatore di nuove conoscenze. Quella genesi non fu esente dai tradimenti, dalle violenze più efferate, dal male, ma in essa troviamo personaggi di grande statura tra i quali svetta la principessa etrusca Tanaquil, la Sacerdotessa cosiddetta indovina, moglie di Tarquinio Prisco, una donna capace di “vedere lontano” attraverso l’analisi profonda e acuta delle vicende e dei personaggi che la circondavano, e consapevole delle conseguenze dolorose alle quali sarebbe andata incontro nell’attuare ciò che era utile alla grandezza di Roma.
Congiure, guerre, tradimenti, intrighi, amore, passioni, ragion di Stato: tutto scorre velocemente tra colpi di scena e rovesciamenti di fronte.
Un libro, colto e avvincente, dentro cui ritroviamo il bene e il male che si sovrappongono nell’eterna affannosa ricerca dell’armonia del convivere.

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Recensione di Aldo Forbice del 18 Novembre 2019

I Tarquini- La dinastia segreta di Emma Pomilio ( Mondadori). L’autrice si occupa da molti anni di storia romana, con passione e con scrupolo da seria ricercatrice. E questo testo lo conferma. In passato abbiamo recensito più volte saggi sui re di Roma e sull’influenza di Tarquinia sulla nascita e crescita dell’antica Roma,ma il libro della Pomilio (oltre 400 pagine) ci è sembrato il più completo, per documentazione storica e per qualità narrativa. Lucumone,Anco Marcio,Tanaquil ,Servizio Tullio e altri sembrano personaggi di oggi alle prese con intrighi di palazzo , corruzione diffusa, conflitti, conquiste per il potere e cosi via : tutte quelle premesse che porteranno Roma ad avviare grandi riforme per farla diventare una grande potenza del Mediterraneo.
[...] Tratto da: Avanti - Quotidiano online, 18 Novembre 2019


La grande Roma dei Tarquini
Genere: Romanzi storici
Collana: Bestsellers
ISBN: 9788804753964
Cartaceo - 720 pagine
In vendita dal 28 giugno 2022

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