Recensione de “Il ribelle. L’avventura della fondazione”, di E. Pomilio
La nascita di Roma tra leggenda e storia in un riuscito romanzo storico.

Il - Ribelle - Oscar | BestsellerRoma antica ha ispirato decine di romanzieri, soprattutto per quanto riguarda l’età imperiale. Per contro mancava invece una narrazione romanzata dell’avventura che portò alla fondazione della città, un periodo di cui si sa poco ma che senz’altro evoca grande fascino. E la scrittrice, Emma Pomilio, ha deciso proprio di cimentarsi in ciò, partendo dalla leggenda: i due gemelli figli di Marte che prima vendicarono l’onore della propria famiglia ad Alba Longa e poi si sfidarono per fondare una nuova città, Roma.

Siamo a metà dell’VIII secolo a.C. e Larth è un etrusco fuggiasco: lui, nobile tarquiniese e valoroso comandante della cavalleria reale, viene costretto alla latitanza per aver assassinato sua moglie, nipote del re, e l’amante di lei, peraltro uno dei suoi migliori ufficiali. Gli sgherri del re di Tarquinia gli sono addosso e per sviare gli inseguitori, Larth, stremato dalla fuga, si dirige verso sud, passando per il guado sul Tevere, laddove su un colle prospiciente sorge un piccolo villaggio fortificato abitato dai Quiriti. Ma essi non sono i soli abitanti: sul colle opposto, noto come Aventino, trovano rifugio gruppi di giovani pastori che si guadagnano da vivere anche con l’attività di banditi. Non esiste una vera e propria città nell’area, e il guado non ha un padrone: chi avesse la forza di controllarlo potrebbe tenere in pugno i commerci tra l’area etrusca e quella greca, con grande possibilità di ricchezza per la popolazione. Ma senza leader non nascono città, né eserciti capaci di difenderle.

Fatta la brusca conoscenza dei truci giovanotti dell’Aventino dopo una serie di disavventure, Larth decide comunque di unirsi a loro, contando con ciò di rifarsi una vita. Le difficoltà di adattamento non sono poche, ma l’etrusco è risoluto e tenace, e in poco tempo si integra tra costoro. Tra essi spiccano due giovani gemelli, Romolo e Remo, cosi simili nell’aspetto quanto diversi nello spirito: intelligente e sagace il primo, simpatico ma brutale il secondo. Ad essi fanno capo altri ragazzi dall’aria sveglia e dall’animo avventuroso; Larth, pur non avendo particolare astio per Remo, preferisce seguire Romolo: egli intravede in lui un leader forte e generoso, capace forse di ridare speranza anche ad un uomo la cui vita è stata cancellata.

Ma è destino che la breve pace trovata dall’etrusco non sia destinata a durare: le spie di Tarquinia si aggirano anche nei pressi del Tevere e solo con una fuga precipitosa Larth riesce a scampare alla cattura. Nel mentre si giunge ad una scoperta sensazionale: mentre Remo viene catturato dai pastori avversi facenti capo alla città di Alba Longa, guidata da re Amulio, Romolo scopre di essere il nipote di Numitore, il re spodestato della stessa città, nonché figlio della sacerdotessa Rea Silvia e del dio Marte. Larth non perde l’occasione per far comprendere a Romolo di cosa gli si prospetta ed egli finalmente si rivela per quel che è: un capo carismatico; da parte sua l’etrusco sente divampare in sé la fiamma della vita e la sua esperienza bellica risulta indispensabile e vincente. Raccolte le forze e liberati Remo e Numitore, Romolo e Larth conquistano Alba Longa riportando sul trono il legittimo sovrano, il quale peraltro dà appoggio ai due gemelli suoi nipoti affinché essi possano fondare una loro città dove regnare insieme.

Ma Remo non ha intenzione di spartire il potere col fratello e dopo un duro scontro è Larth a ucciderlo, salvando al contempo Romolo e i destini di tanta gente. È così che il villaggio dei Quiriti viene preso d’assalto, conquistato e riorganizzato da Romolo, che ne amplia i confini e fonda la sua città, Roma, un nome ancora oscuro ma destinato a divenire famoso in tutto il mondo. Tuttavia la città è ancora poco abitata dopo la fuga di molti dei suoi abitanti e così Romolo, in occasione di una festività, organizza il rapimento delle giovani donne quirite, da dare in moglie ai suoi uomini. L’odio si riaccende violento e cosi i vicini Sabini, allertati dai Quiriti fuggiaschi loro parenti, mettono in campo il proprio esercito e marciano su Roma per distruggerla una volta per tutte: lo scontro è inevitabile, la battaglia durissima e solo l’intervento delle stesse donne rapite, ormai abituatesi al loro nuovo ruolo, placa l’odio dei guerrieri, stremati dalle uccisioni e dal caldo. Romolo, re di Roma, e Tito Tazio, re dei Sabini, trovano quindi un accordo e decidono di unire i loro popoli e di regnare insieme a Roma. E cosi un piccolo villaggio sulle rive del Tevere cominciò ad espandersi…

Recensione de “Il ribelle. L’avventura della fondazione”, E. Pomilio